Mi sento come una conchiglia, vuota.
Una volta ha vissuto, poi per qualche strano motivo si è persa.Qualcosa dentro di lei è morto e lentamente la marea l’ha portato via.
Adesso il guscio luccica, non c’è traccia di quello che era prima.
Non c’è traccia della vita che ha vissuto, né dei ricordi.
È una stanza perfettamente pulita e luminosa.Sono come una conchiglia lasciata sulla sabbia, naufraga.
La speranza più alta che io possa avere è che un bambino mi raccolga
e costruisca una collana, e diventi un oggetto prezioso almeno per un po’.Non posso sperare di tornare a vivere, ora sono solo un guscio.
Posso sperare che il mare mi raccolga dalla battigia e mi porti a roteare tra le onde.
Sperare che sia una danza dolce e divertente, non nauseante.È stata una danza nauseante,
quando mi staccavo dal corpo vivo e rimanevo solo osso.Non voglio riprovare quella sensazione.
Ora sto bene, sono consapevole di essere vuota.
Sono consapevole di non essere vita.
Non sono un essere umano, il mio corpo non rifiorirà. Il mio guscio non trasporterà un altro essere vivente, né si gioverà delle vicissitudini di quella persona. Possono rimanere lì, nell’infinito.Non riesco nemmeno a osservare, non vedo cosa c’è intorno a me, non ho occhi.
Non riesco a sentire il rumore del mare e i ricordi non mi si infrangono nella mente.
Non riesco neppure a sentire il profumo della sabbia quando è bagnata
e quando invece è scaldata dal sole.
Non riesco a sentire il sale sulle labbra.
Non riesco nemmeno a sentire il contatto con la terra
e il vento fresco che mi ripulisce dei granelli di sabbia.
In realtà non sono io che sto parlando, perché non ho più voce.